Un esempio di come l’opinione pubblica può modificare le scelte politiche.
Il Tagliamento nasce a Lorenzago di Cadore (BL – Veneto) a 1195 metri di quota, per entrare poco dopo nella regione Friuli V. G. costituendone il fiume principale. Si riaccosta al Veneto solo a fine corsa, ne segna il confine e sfocia dopo 178 Km in Adriatico tra il litorale di Bibione e quello di Lignano. Definito a carattere torrentizio per la variabilità stagionale delle sue portate, manifesta la sua notevole dinamicità soprattutto nelle zone pedemontane e sul fondo di ampie pianure alluvionali con un corso a canali intrecciati perennemente mobili che creano numerosi tipi di microhabitat con conseguente ricchezza di biodiversità.
Tutte queste sono caratteristiche che condivide con il Piave e non sono le uniche. I due fiumi nascono a poca distanza, vivono l’irruenta fase giovanile nelle Alpi, alla base delle quali si acquietano in enormi pianori ghiaiosi, le Grave appunto, per poi raccogliersi nella parte più bassa del corso in un ristretto letto meandriforme, che nel caso del Piave è stato canalizzato ormai da molto tempo.

Nati fratelli, ma divisi dalla storia…L’impatto umano è stato assai pesante per il Piave, molto più lieve sul Tagliamento, rimasto quasi miracolosamente indenne, soprattutto nella parte mediana, fino alla soglia del terzo millennio.
Il Tagliamento fa “scuola”, è un laboratorio a cielo aperto per le ricerche di ecologia fluviale di studiosi provenienti da tutto il mondo, un modello da studiare per imparare a salvare i fiumi che abbiamo sistematicamente artificializzato e che ora, con il senno di poi, tentiamo di recuperare. Per queste sue caratteristiche è considerato il ”re dei fiumi alpini”.
Non pensiamo però che sia un idillio: studi effettuati tra il 1500 e l’inizio del 1900 testimoniano che le alluvioni sono il terzo flagello del Friuli dopo carestie ed epidemie e il Tagliamento ha fatto la sua parte. Tra il 1965 e il 1966 si susseguono a distanza di un anno due alluvioni distruttive, che interessano sia l’alto bacino che la bassa pianura. Latisana è particolarmente colpita.
Gli enti preposti alla difesa idraulica si mettono in moto e già nel 1970 uno studio milanese consegna alla Regione friulana un progetto di massima per una diga posta a livello della strettoia di Pinzano, considerata opera cardine tra gli altri interventi migliorativi della regimentazione del fiume.
Le comunità del basso corso sospirano di sollievo alla proposta della grande opera a monte, ma il comune di Pinzano non ci sta e chiede ripetutamente alla Regione un confronto che non sarà mai accolto. Nel 1978 si dimettono per esasperazione il Sindaco e 7 Consiglieri.
Del 1979 è la presentazione del progetto definitivo: uno sbarramento di laminazione in cemento armato alto 20 metri sulle grave, lungo 166 metri alla base e 226 metri alla sommità.
Comincia ad animarsi una complessa partita tra comunità del basso e del medio corso, tra Comuni e Regione. Uno scontro che si protrae per anni.
Alla sordità della Regione fa eco la risposta sempre più determinata dei Comuni che si coagulano attorno al primo, e delle popolazioni che si organizzano in numerosi Comitati, che vogliono sapere, approfondire, soprattutto condividere le scelte che riguardano il proprio luogo di vita.


Alcuni punti della vicenda:
A fronte della forte opposizione dei Comuni interessati, si fa strada a livello istituzionale una proposta per un’opera ritenuta “alternativa” alla diga: il Piano Stralcio adottato dall’Autorità di Bacino nel 1998 e approvato nel 2000, ipotizzando un’onda di piena centenaria di 4600 mc/s di cui solo 4000 mc/s contenibili all’altezza di Latisana, ferma a monte i restanti 600 mc/s entro 3 casse di espansione di capacità 30 milioni di metri cubi complessivi, da realizzare nel tratto di fiume che va dal ponte di Pinzano a quello di Dignano. La motivazione addotta a giustificazione della scelta recita: “… per tale opera esiste il consenso sociale…”
Ma non è vero.
Le comunità del medio corso reagiscono con tutti gli strumenti democratici disponibili.
Fin dal 1999 sorgono Associazioni e Comitati popolari; si inviano petizioni contro la realizzazione delle casse alla Regione e alla Comunità Europea; nel 2001 viene fondata l’Associazione ACQUA (Associazione Controllo Qualità Urbanistico Ambientale) che, presieduta da Renzo Bortolussi, non abbandonerà mai la scena fino al suo epilogo:
“…l’opera è inutile, rischiosa e rappresenta uno scempio ambientale. Ci siamo riuniti in gruppo per opporci al nefasto progetto delle casse di espansione sul fiume Tagliamento. I “bacini” prospettati in tale progetto, infatti, sono stati ritenuti, oltre che inutili, anche ad alto rischio per le popolazioni a valle, nonché uno scempio ambientale, un’alterazione del microclima e uno sciupio scriteriato di centinaia di milioni di euro”.

Capace di costituire un riferimento per molti cittadini, ACQUA risponderà colpo su colpo alle iniziative della Regione giudicate irricevibili, invierà appelli a tutte le autorità preposte, presenterà progetti alternativi senza esitare a ricorrere alle vie legali. Alla fine raccoglierà i frutti del suo tenace impegno.
Nel 2002 oltre 700 scienziati, ricercatori, studiosi, con circa 8.000 cittadini europei e decine di Organizzazioni Non Governative e Centri Studi di tutta Europa sottoscrivono una petizione internazionale WWF per la salvaguardia del fiume Tagliamento; nel 2005 vengono raccolte 19.000 firme da inviare alla Regione, al Ministero dell’Ambiente e alla Comunità Europea e sedici Comuni si associano per chiedere alla Regione una vera soluzione alternativa.
Nel contempo cinque Comuni, i più coinvolti dalla devastazione annunciata, commissionano ad una ditta olandese di fama internazionale uno studio scientifico per valutare se le casse progettate siano effettivamente necessarie e se siano l’unica soluzione possibile per prevenire le esondazioni a Latisana. Lo studio evidenzia che, senza gli interventi da effettuarsi nella bassa friulana, già peraltro proposti nel Piano Stralcio, le sole casse non sono sufficienti, e, per contro, se venissero effettuati tali interventi, le casse di espansione non servirebbero.
L’iter regionale avanza però implacabile e nel 2007 viene approvato il progetto preliminare delle casse di espansione:
…prevede 3 casse di espansione in serie poste in destra idrografica, immediatamente a valle della stretta di Pinzano, per una superficie di 850 ettari in area SIC. La struttura di contenimento delle acque di piena è costituita da un sistema di rilevati arginali che, in ragione della pendenza dell’alveo, raggiungerebbero altezze dagli 8 ai 10 metri in corrispondenza del lato di valle di ognuna delle casse…
A questo punto l’opposizione si irrigidisce. A nessun costo è disposta a pagare la devastazione irreversibile di un territorio di grandissimo pregio ambientale: il tratto di fiume Pinzano – Dignano è stato riconosciuto come Sito di Importanza Comunitaria “Greto del Tagliamento” (tutelato ai sensi della Direttiva Habitat 92/43 CEE) ed è considerato il più prezioso segmento naturalistico dell’intero fiume dai ricercatori stranieri che lo studiano assiduamente per imparare a rigenerare i corsi d’acqua antropizzati.
Va maturando una consapevolezza sempre più profonda: voler entrare nel merito della questione, ovvero pretendere la partecipazione attiva nella gestione del territorio in cui si vive, non è velleità ma un “diritto” riconosciuto dalle Leggi, principalmente la Convenzione di Århus, Danimarca 1998 – Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale. Viene ratificata dall’Italia con legge n. 108 del 2001 e successivamente integrata dalla DIR 2000/60/CE, recepita con decreto legislativo n.152 del 2006. Denominata “Direttiva Quadro Acque”, quest’ultima affronta il tema dell’acqua con un’ottica globale e molto avanzata rispetto alla normativa precedente, valorizzando le molteplici funzioni del bene acqua e riconoscendo la coesistenza di esigenze diverse:
- sociale: la protezione delle persone dai rischi per la salute e la sicurezza;
- economica: la possibilità di accesso da parte della popolazione e delle imprese;
- ambientale: la conservazione della risorsa e dei servizi ecosistemici anche per le generazioni future.
Ha inizio la battaglia legale. I cinque Comuni più interessati, S. Daniele, Ragogna, Pinzano, Dignano e Spilimbergo, con il WWF e l’Associazione ambientalista ACQUA ricorrono al Tribunale Superiore delle Acque di Roma per impugnare la Delibera Regionale di approvazione del progetto preliminare ed è già pronto anche il ricorso al Parlamento Europeo e alla Commissione Europea nel caso la Regione persista sulla volontà di realizzare il progetto nel SIC.
Vinceranno nel 2012. Vinceranno anche nel 2013 in Corte di Cassazione, che respinge per vizio di forma il ricorso avverso alla sentenza del Tribunale delle Acque presentato dall’Autorità di Bacino.
Nel 2008 irrompe un clamoroso colpo di scena: viene dissepolto dall’oblio uno studio, commissionato nel 1983 dalla Regione Friuli all’Università di Udine e alla ditta SERTECO, per la modellizzazione di un tratto di fiume a monte e a valle di Latisana. Lo studio, costato 5 miliardi di lire, riteneva che una serie di interventi sul basso corso potesse garantire la città dal rischio di allagamento. È una tesi che ricalca gli esiti di più recenti perizie tecniche indipendenti, pagata profumatamente e inspiegabilmente mai palesata, un’ulteriore autorevole proposta alternativa alle casse di espansione. ACQUA allega lo studio ai documenti del ricorso e denuncia, in un’audizione richiesta alla Commissione Parlamentare Antimafia, l’esistenza di interessi economici alla base del pervicace sostegno alle casse da parte delle istituzioni.
Il 2009 è l’anno della svolta: il nuovo Assessore regionale è contrario alla soluzione casse. Ormai il loro destino è segnato, i tempi sono finalmente maturi per una composizione equilibrata e condivisa della complessa questione.
Nel 2010 la Regione FVG costituisce la Commissione denominata “Laboratorio Tagliamento”, un tavolo tecnico dove siedono rappresentanti della Regione, dell’Autorità di bacino, delle Università di Trieste e Udine, dei Comuni del medio e basso corso del fiume, delle Associazioni ambientaliste WWF e ACQUA. Dopo decenni di civili ma strenui combattimenti e alluvioni di carte, gli scopi dichiarati dell’iniziativa sono confortanti; vengono considerate:
- Le problematiche emerse nel corso dell’iter pregresso;
- le soluzioni tecniche più condivise per la messa in sicurezza del medio e basso corso del fiume;
- le esigenze dei vari portatori di interesse, istituzionali e non;
- le delicate tematiche ambientali;
- le implicazioni inerenti gli impegnativi aspetti finanziari.
Dopo aver esaminato 13 progetti (ma NON lo studio sopra citato Università di Udine – SERTECO, dettaglio che scatenerà un’ulteriore denuncia da parte di ACQUA), la Commissione “Laboratorio Tagliamento” presenta le sue conclusioni: per mettere in sicurezza la parte finale del fiume, in grado di supportare una portata di soli 1400-1500 mc/s, i restanti 2500 metri cubi dell’ipotizzata onda di piena centenaria andranno convogliati nel canale scolmatore Cavrato, che si diparte dal fiume 8 km a valle di Latisana e sfocia dopo 18 Km nel porto di Baseleghe, nella laguna di Bibione:
“… la Commissione ha ritenuto prioritari e inderogabili i seguenti interventi:
- adeguamento e rinforzo degli argini da Latisana fino al canale Cavrato;
- sistemazione dell’opera di presa del canale scolmatore Cavrato e del canale stesso (interventi quest’ultimi di competenza della Regione Veneto);
- adeguamento e rinforzo dell’ultimo tratto del Tagliamento per renderlo idoneo al transito delle portate residue, in condizioni di sicurezza…
”Le soluzioni proposte per la laminazione dell’onda di piena all’altezza della stretta naturale di Pinzano sono state molteplici, ma una è stata ritenuta risolutiva: la realizzazione di una traversa di moderna concezione che riesca a limitare la portata in transito a 4000 mc/s contenendo il volume di invaso a 18.000.000 di mc con una quota di massimo livello raggiungibile inferiore a 145,00 m. s.l.m.m.. Il volume di invaso e il costo dell’opera (stimato in 30 milioni di euro) sono notevolmente inferiori ai corrispondenti valori del progetto originario delle casse di espansione. Ancora una volta questo progetto è contestato da ACQUA, per 3 motivi: la difficoltà di realizzazione (già considerata dalla Commissione De Marchi del 1970), la non consonanza alle Direttive europee delle costruzioni sui fiumi, l’inutilità di una traversa lontana dal temuto pericolo, come già aveva evidenziato la ditta olandese citata sopra.
Nel gennaio 2020 Telefriuli intervista Renzo Bortolussi. Titolo del video: Casse di espansione sul Tagliamento, opere solo a valle: “Evitato il Mose friulano”… soddisfazione dell’Associazione ACQUA.

A cura di Alessandra Tura e Lucia Poloniato .
In copertina: il fiume Tagliamento visto dal colle Pion.
Foto di Diego Crociato, tratta da Wikimedia concessa in licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International.
Fonti:
- Documento di Sintesi, Regione FVG, 28 settembre 2011
- Scheda di Sintesi delle Proposte Alternative
- WWF Acque 2007, L’emergenza siamo Noi
- Convenzione di Arhus, 25 giugno 1998
- Direttiva Acque 2000/60 CE
- Tesi di laurea dott.ssa Martina Del Toso “Multi-level Governance e tutela dei beni comuni. Il caso delle casse di espansione sul fiume Tagliamento”. Università di Padova – Corso di laurea Triennale in Scienze politiche, studi internazionali, governo delle amministrazioni – Relatore: Prof. MARIA STELLA RIGHETTINI
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Bravi, ottima sintesi di una lotta per la salvaguardia del Tagliamento durata solo 17 anni per quanto mi riguarda (13 anni come A.C.Q.U.A.) che crea un precedente per il Piave. Il clima è cambiato. ora i problemi sono le “bombe d’acqua” quindi ci sono meno ragioni per fare casse o sbarramenti quindi le manutenzioni sono più urgenti di prima. Sono accanto a Voi per la tutela del corso d’acqua. Buon lavoro, Renzo Bortolussi