El Capitel dei Lovi a S. Mama (storie e divagazioni sui lupi)

Il richiamo al lupo è insito nel titolo di queste note: nella forma dialettale dei nostri luoghi, anche se devo dire che il dialetto va progressivamente sparendo, il lovo (o lou) è il lupo, animale che, di questi tempi, sta riaffacciandosi nel territorio montano con qualche puntata in pianura.

Le cronache se ne sono occupate abbondantemente poiché il lupo ha sempre avuto nell’immaginario collettivo una connotazione negativa. Sono abbastanza vecchio per ricordare la sollecitazione del genitore a consumare velocemente la minestra “sennò il lupo te la mangia”. Penso che tale affermazione si possa ricondurre ad uno dei tre animali selvatici che impediscono a Dante di compiere il suo viaggio nell’aldilà, la lupa, simbolo della cupidigia, senza dimenticare che, abitando nei pressi del bosco Montello, il riferimento al lupo costituiva lo spauracchio per antonomasia.

Come si fosse giunti al connotato negativo nei confronti dell’animale è veramente singolare.

La larga diffusione del lupo nell’emisfero boreale ne ha favorito l’interesse di tutte le popolazioni con diversi punti di vista. I due più famosi gemelli della storia sono stati allattati da una lupa.

Romolo e Remo allattati dalla lupa – Pietro Paolo Rubens 1610 – Musei Capitolini

Quale immagine di pacifica commistione uomo-lupo migliore di questa?

Già l’uomo delle caverne conosceva il lupo o quello che poteva essere un suo antenato. Da alcuni rilievi della grotta di Font de Gaume (nel sud-ovest della Francia) è stato tratto il disegno riprodotto qui sotto.

Pittura policroma della caverna di Font De Gaume (Sud-Ovest della Francia) – disegno di Henri Breuil del 1915

Secondo la cultura religiosa egizia molte divinità apparivano con sembianze animalesche. Ripropongo l’immagine di Anubi con testa sicuramente di un canide (chi dice sciacallo chi dice lupo), dio dei morti, nume tutelare che presiedeva all’imbalsamazione.  

llustrazione del Libro dei morti (Papiro di Ani), raffigurante Anubi che esegue la psicostasiaBritish MuseumLondra.

Anche nella mitologia greca il lupo ha un ruolo di rilievo. Se da un lato viene considerato incarnazione di Marte e quindi simbolo di distruzione, dall’altro è il simbolo di colui che traina il carro del sole. Il bosco sacro che circondava il tempio di Apollo era chiamato lukaion; da questo termine deriva la parola liceo, ricordando come Aristotele fosse solito tenervi le sue lezioni.

L’evoluzione dell’uomo e del lupo è andata di pari passo ma gli atteggiamenti dell’uomo nei confronti del lupo hanno avuto fasi alterne.

L’uomo di cultura venatoria e guerriera ha apprezzato le doti di cacciatore del lupo mentre per i popoli agricoltori e allevatori è stato sempre visto come una minaccia per il bestiame e quindi combattuto con ogni mezzo.

Lo stretto contatto con la natura in cui viveva l’uomo derivava dal fatto che dove finiva il villaggio iniziava la foresta. Era normale quindi la vicinanza quotidiana con gli animali. Tra uomo e lupo, due carnivori per eccellenza, lo scontro divenne inevitabile.

I cambiamenti ambientali resero il lupo più aggressivo perché cacciato ed invaso nel suo habitat. Oltre alle considerazioni di natura ambientale dobbiamo rilevare che con la diffusione del Cristianesimo, il lupo, animale mitico delle popolazioni pagane, è stato oggetto di una campagna di demonizzazione diventando così il simbolo del male.

Il lupo che terrorizzava gli abitanti di Gubbio, diventa mite per intervento di S. Francesco. Il Santo riesce a dialogare con l’animale e a farlo pentire pubblicamente delle sue malefatte, in cambio di accoglienza in città. S. Francesco dialogava con tutti gli esseri viventi ma, in questo caso, ci sembra che il lupo rappresenti la figura di un bandito pentito.

San Francesco e il lupo -dal ciclo degli affreschi nella chiesa di San Francesco a Pienza

Altre leggende antiche raccontano della metamorfosi degli esseri umani in lupi, nelle notti di plenilunio. Si narra che diverse persone finirono al rogo per licantropia, condannate a morte dagli inquisitori. Si trattava di innocenti che, sotto tortura, si proclamavano licantropi e affermavano di aver stipulato un patto col diavolo.

Peter Stubbe fu il protagonista di una serie di avvenimenti raccapriccianti che si svolsero nei dintorni delle città tedesche di Colonia e Bedburg verso la fine del XVI secolo. In base a quanto riportato da una pubblicazione del tempo, Peter Stubbe divenne un licantropo in seguito alla stipula di un patto col diavolo.

Pare che queste persone fossero semplicemente affette da una forma di epilessia. Anche le fiabe raccontano quasi sempre il lato negativo del lupo. La più conosciuta al riguardo è quella di Cappuccetto Rosso, pubblicata nel 1697.

Cappuccetto Rosso e il lupo in una illustrazione del 1883 di Gustave Doré

È stato molto difficile sfatare queste credenze.

Solamente una rinnovata coscienza ecologica ha fatte proprie le tesi del mondo scientifico: ogni essere vivente svolge un ruolo importante per l’equilibrio della natura, ed anche l’atteggiamento nei confronti del lupo è mutato.

Negli anni ’70 del Novecento si è passati così alla sua tutela e, in alcuni paesi dell’America, dove era completamente estinto, è stato reintrodotto.

Ciò non toglie che i recenti avvistamenti del lupo, soprattutto in zona pedemontana, abbiano creato una certa apprensione tra la gente in generale e non solo tra gli allevatori e i pastori.
L’allarme lanciato da un veterinario chiamato a soccorrere una pecora ferita in località di Ciano del Montello e la scoperta di tre agnelli sbranati ha fatto gridare: al lupo…al lupo!

Pecore assalite dal lupo inella zona dell’Alpago (fonte Radio Più emittenteAgordina)

La zona è quella tra Montello e Piave dove si trova il capitello di S. Mama o capitello dei lupi, il più antico sacello del Comune di Crocetta del Montello, fatto erigere da un tale salvato miracolosamente dall’assalto dei lupi. Siamo nei primi anni del Trecento. Nella campagna trevigiana, vicino alle abitazioni esistevano estesi boschi e i lupi, giunti dalle vicine Prealpi, vi trovavano comodo soggiorno in ogni stagione dell’anno.

In quell’epoca, nel Trevigiano aumentavano le terre coltivate e la popolazione cresceva, favorita da una migliore alimentazione. La Podesteria di Treviso seppe trarre vantaggio da questa favorevole congiuntura. Nell’assemblea dei Trecento (il numero è puramente indicativo) vi erano i rappresentanti dei diversi quartieri, compresi anche quelli del Montello.

Nel 1319 questi erano: Giovannino e Michele da Ciano (notai), Bonifacio, figlio di Michele da Ciano, Francesco da Ciano e altri esponenti da Montebelluna e Volpago. Nel territorio della Campagna di Sopra confluivano Nervesa, Bavaria, Giavera, Castagnedo, Selva, Lavaggio, Volpago, Martignago, Venegazzù, Caonada, Sottocroda, Biadene, Bosco di Ciano, Pieve di Ciano, Canduvolo di Ciano, Rivasecca e Covolo.

La suddivisione in fuochi dei vari centri abitati tornava utile per le imposizioni fiscali. A titolo di esempio possiamo dire che  un fuoco corrispondeva alla rendita data da 160 campi in affitto o 40 in proprietà. La Pieve di Ciano contava 17 fuochi. Rientrò quindi nelle disposizioni del Podestà di Treviso che nel 1284 obbligava tutti i comuni con più di 15 fuochi a dotarsi di una loviera. La loviera assomigliava alle tagliole utilizzate per catturare roditori e piccoli carnivori che infestavano le campagne. Ovviamente aveva dimensioni maggiori poiché i lupi venivano catturati per la testa, segno che alla base della loviera era posta un’esca in modo che l’animale intrufolando la testa per cibarsene, rimanesse ucciso dalla trappola dentata.

Per incentivare la cattura dei lupi il Comune aveva previsto una ricompensa a quanti avessero presentato al Podestà o agli Uffici incaricati una pelle di lupo cui venivano immediatamente recise le orecchie perché non fosse nuovamente presentata all’incasso. La ricompensa per una pelle di lupo, con la testa, era di 20 soldi piccoli, per un lupacchiotto da covo di 5 soldi. Il bosco e le terre di Ciano, erano “infestate” (sic!) da questi animali. Il libro delle spese della Pieve di Ciano riporta che il 15 maggio del 1318 un tale Pietro da Ciano, notaio, ricevette 3 lire per la cattura di 6 lupatine (lupacchiotti).

Alcune immagini del capitello prima del restauro del 2014, riprese nelle varie stagioni da fotografi locali e raccolte dall’autore.

Che cosa dire allora di questo capitel dei lovi? Dobbiamo rifarci ad un antico poemetto dal titolo “Le antiche rovine di Ciano”. L’opera attribuita al parroco di Ciano Don Girolamo Bortolato si fa risalire alla fine del ‘600. In essa viene narrata la distruzione di una parte del paese a causa di una piena del Piave di inaudite proporzioni. Non poteva mancare nell’opera un cenno ad ogni cosa di interesse. E fra queste viene citato il capitello. (riporto i versi che lo menzionano)

 Antico capitello in Santa Mama
Con due lupi dipinti fabbricato
Da chi fu già dai lupi ivi assaltato,
Perciò dei Lupi capitel si chiama.

Di questo ancora al lato manco unito
Tre passi di terren Cesare tiene,
Dove, per quanto raccontato viene,
Sta per tre dì sicuro ogni bandito.

Di ciò per segno si conserva ancora,
In questo loco in pietra figurato,
Augel birostro col Leone alato,
Che l’Adria questo, e quello l’Austria onora.

Fur ancor qui codeste lettre incise
Hic S. P. Q. T. C., e queste poi
T. R. A. V. C. G. pur da noi
Son ben intese, benché mal divise.

Strettamente legata con questo piccolo edificio è la chiesa di S. Mama (antico comune della Pieve di Ciano e nome stesso della località). Non è ben chiaro a quale santo ci si possa riferire: un’ipotesi lo farebbe derivare da S. Mamerto, vescovo di Vienne (Delfinato) del V secolo, ricordato per l’istituzione delle rogazioni, processioni indette per invocare protezione dalle calamità naturali. Tra queste si annoveravano anche i lupi.

Vale la pena di ritornare alla descrizione del capitello: questo edificio si trovava lungo una delle vie principali della località. Si dice pure che l’area perimetrale fosse zona franca, all’interno della quale anche un bandito godesse di immunità; è evidente l’allusione al salvataggio dai lupi.

Quello invece che rimarrà avvolto nel mistero è il cippo (oggi scomparso ma riconducibile ad un miliario di una via di una certa importanza) con le iscrizioni riportate dalle lettere viste più sopra, che l’autore afferma di essere a noi ben intese (note).
Dell’antico affresco (inizio XIV secolo) rimane ben poco: le zampe del lupo e le ipotetiche sembianze dell’uomo salvato dall’assalto dei lupi. Nell’Ottocento, quando le fiere erano scomparse a seguito di una spietata caccia, il manufatto fu ridipinto all’interno con l’evangelica figura del buon pastore, salvatore delle pecore e delle anime.

Gli affreschi che si trovano all’interno del capitello. Gli ultimi due si riferiscono alle zampe pelose del lupo, resti della primitiva decorazione.

Giovani volontari hanno provveduto alla manutenzione del manufatto negli anni ’70, per impedirne il crollo

Nel corso degli anni il capitello fu comunque soggetto ad eventi naturali e atti di vandalismo che ne hanno compromesso l’integrità. Scampato alle granate del primo conflitto mondiale, la sua manutenzione era affidata alle cure del proprietario del fondo a cui si aggiunse un gruppo di volontari che negli anni ’70 lo hanno salvato dal degrado totale con interventi murari e dotandolo di un’inferriata di chiusura.

Più recentemente (2014) l’Amministrazione comunale, grazie ai fondi di strutture superiori, ha eseguito una manutenzione straordinaria e lo ha reso accessibile al pubblico mediante una stradina in ciottolato che conduce fino all’ingresso.

Ispezione sul retro del capitello alla ricerca di tracce significative (Prof. Savino Gola); lavori di restauro e capitello restaurato (2014). ph Tiziano Biasi.

Qualche perplessità può sorgere sul lavoro di restauro ma non è stato possibile reperire alcuna antica documentazione dell’opera se non alcune foto risalenti ad una cinquantina di anni fa. Forse bisognava dare più risalto al contesto territoriale; mi riferisco alla antica via sulla quale fu costruito.

Mappa del territorio di Ciano disegnata da Severino Pagnan (fascicolo senza data). Affresco su abitazione più a Nord del Capitel dei Lovi. La pittura, opera popolare che si fa risalire al 1500, è interessante per il luogo in cui si trova: lungo un percorso che costeggia il Piave, probabilmente frequentato da viandanti e pellegrini.

Si tratterebbe infatti di una possibile diramazione della celebre Claudia Augusta Altinate che all’altezza di Nervesa avrebbe proseguito sulla riva destra del Piave (alcune tracce sono state evidenziate da recenti studi), interessando la località Zoppalon di Crocetta per immettersi sull’attuale Statale Feltrina e proseguire per la destinazione di Augusta (Ausburg).

Suggestive visioni aeree del Capitel dei Lovi dopo il restauro. (Archivio Comitato per la tutela delle Grave di Ciano – ph Matteo Moretto)

A conclusione di queste divagazioni sul lupo e il suo capitello ci troviamo ai margini delle Grave di Ciano e vediamo come la storia sia un intricato intreccio di fatti, di luoghi, di uomini, di animali. Un patrimonio di conoscenza per noi, e se lo vorremo, anche per chi verrà dopo di noi.

A cura di Tiziano Biasi

Bibliografia:
Vivere il Montello – Edizioni della Galleria – Treviso 1984
Sac. Giovanni Zanatta – Ciano del Montello e la sua Pieve – 1958/2003
Oreste Battistella – Delle Antiche Rovine di Ciano – Stab. G. Carestiato 1923
Immagine di copertina: un’idea dell’autore

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