Gravelando d’inverno

Ritrovo ai piedi del campanile di Ciano, tempo di un sorriso dietro le mascherine, di mettere degli scarponcini e poi via, verso le Grave di Ciano, dove l’inverno è luce, vuoto, essenza.

La prateria secca riflette una luce d’oro e gli alberi privi di chioma, trasparenti, amplificano lo sguardo nello spazio libero. Si coglie ciò che nelle stagioni verdi può sfuggire.

Camminiamo lungo il sentiero, tra i prati steppici contornati da quinte arboree addensate a boschetto, alberi sparsi, cespugli, vaste e intricate estensioni di arbusti.

Lasciamo spaziare lo sguardo e sullo sfondo biondo scuro i colori divergenti catturano la nostra attenzione: il bianco azzurro dei licheni, i rami rosso lucido del Sanguinello, le bacche delle rose selvatiche, la nudità esposta di un albero scortecciato, il verde brillante dell’edera che avvinghia grottescamente i tronchi.

Ciottolo decorato dai licheni – Ph Sabrina Venuti©
Arbusto di Cornus sanguinea – Ph Sabrina Venuti©
Frutti della Rosa canina – Ph Sabrina Venuti©

E’ il momento giusto per apprezzare le masse rigogliose e persistenti di verde e in generale la non banalità dell’edera. Da sfatare l’idea che si tratti di un parassita: l’edera approfitta dei sostegni per saziarsi di luce e tante sono le sue relazioni con gli altri componenti dell’ecosistema.

Hedera helix che avvolge un albero – Ph Sabrina Venuti©

Il suo manto protegge i tronchi dal gelo, le foglie che per noi sono velenose sono cibo per molte specie di erbivori, è rifugio invernale, uno dei pochi, per gli insetti destinati a dar vita alle nuove generazioni primaverili, per la prima nidiata di merlottini che di solito avviene a marzo quando tutto il resto è ancora secco. Con i fiori autunnali ricchi di nettare e polline soccorre gli ultimi insetti e con le bacche violacee nutre nugoli di uccelli durante l’inverno.

In un boschetto rado ci fermiamo ad ammirare un vecchio tronco sforacchiato “a flauto” dai picchi.

Il lavoro dei picchi – Ph Sabrina Venuti©

Tra le varie specie di picchi segnalate nelle Grave, è probabilmente il picchio rosso maggiore, amante delle specie tipiche di ambienti fluviali come pioppi e salici, l’artefice di questi fori.

Con l’edera, anche i picchi dispensano servizi a piene mani: sono i soli e infaticabili costruttori di cavità nel legno, che vengono poi utilizzate come nido, dormitorio, dispensa per provviste, ricovero di emergenza per uno stuolo di altre specie: uccelli come le cince e altri passeriformi, pipistrelli e piccoli mammiferi come ghiri e scoiattoli li usano anche come albergo di svernamento. I fori a flauto sono preziosi perché possono con il tempo collassare e dar forma ad un’unica ampia cavità in grado di accogliere anche voluminosi rapaci notturni come gli allocchi. A completare la gamma dei servizi è anche la riserva d’acqua piovana che può raccogliersi nel fondo delle cavità, sfruttata questa da un numero incalcolabile di specie animali.

Albero bucherellato in dettaglio – Ph Sabrina Venuti©

Il sole si abbassa all’orizzonte e la foschia avvolge il paesaggio, è tempo di rientrare, come sempre ritemprate dal contatto con la natura. Sulla via del ritorno appare un capriolo. Ci fissa a lungo poi scompare tra gli arbusti e anche noi, grate per questo incontro, riprendiamo la nostra strada

Capriolo – Ph Sabrina Venuti©

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2 pensieri riguardo “Gravelando d’inverno

  1. La distruzione di questi habitat è la distruzione di noi stessi, ma lo capiremo, purtroppo, sempre tardi. Troppo tardi!

  2. Forse l’inverno non è la stagione peggiore. Vi è un’unica stagione: quella della vita. È mentre tutto si rinnova, adottiamo una nuova consapevolezza. Solo conoscendo la natura la si può amare veramente.

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