Sulle Grave di Ciano c’è chi sbaglia

Il ginepro (Denèvar), conifera con bacche, da noi cresce spontaneo.
Molti in passato sono stati i suoi usi pratici e simbolici che per fortuna sopravvivono. Importantissimo per un ecosistema, brucia anche da verde, intaccabile dai tarli, dura centinaia di anni e la leggenda vuole che protesse la Sacra Famiglia nella fuga in Egitto e fu per questo benedetto, diventando simbolo della croce di Cristo.

Un tempo i suoi fumi benefici venivano utilizzati per affumicare e aromatizzare i salumi durante la stagionatura e inoltre costituivano ottimo disinfettante per i locali adibiti all’allevamento dei bachi da seta. Era tradizione fare con il suo legno il mestolo per la polenta, perché si diceva che dava sapore quanto un companatico.

Il ginepro nostrano è presente nelle nostre belle Grave di Ciano e fu cespuglio provvidenziale per mimetizzare i nostri fanti nelle gesta eroiche di difesa e di attacco durante la prima guerra mondiale quando il sacro Piave divenne protagonista di tante battaglie.


Salvò la vita di molti soldati e coprì con pudore i resti di tanti militi ignoti. Si può dire che ogni singolo ginepro delle Grave del Piave sia una dovuta e singolare lapide sempreverde a loro ricordo e onore, mancando solo della scritta PRESENTE.
Nel nostro caso non morirono per difendere solo quote o cime, ma le preziose Grave di Ciano con le sue cerulee acque, poste a baluardo tra il Grappa e il Montello meritando così la denominazione di luogo sacro.

Se questi cespugli saranno sommersi dalle casse di espansione smetteranno per sempre la loro funzione di ricordo e simbolo, quale inno della natura per i nostri eroi che non vogliono essere dimenticati.
La conseguenza sarà il silenzio delle quattro stagioni e della storia.

Dino De Lucchi

La foto di copertina – Ginepro – è di Sergio Ballestrin ©

Soldati italiani alla carica – Foto tratta da Archivio Luce https://www.archivioluce.com/2021/10/11/dallastico-al-piave/#/

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