“I borghi” delle Grave di Ciano

Nell’accezione comune Borgo significa un quartiere di un centro abitato ma l’etimologia germanica ci riconduce al castello fortificato. In ogni caso il termine ci restituisce l’ambiente di una piccola comunità che vive una sua peculiare autonomia.

Lungo la sponda destra del Piave e delle sue Grave, in Comune di Crocetta del Montello, ci imbattiamo in diverse località denominate borghi. La loro origine è antica e talvolta documentabile solo attraverso leggende tramandate per via orale.

Ci viene in aiuto don Girolamo Bortolato, parroco della Pieve di Ciano, che alla fine del ‘600 stese un poemetto dal titolo quanto mai singolare “Delle Antiche Rovine di Ciano”. Siamo nel periodo in cui l’aristocrazia europea si mette in viaggio (Grand Tour) da nord a sud sulle tracce del mondo classico. Don Girolamo non ha bisogno di mettersi in viaggio ma ricorre ai suoi studi classici per raccontarci che la sua Pieve sorge sulle rovine di civiltà del passato.

Veduta aerea dei Borghi – Ph. Matteo Moretto©

Rivasecca

Allora iniziamo noi il nostro “tour ideale” partendo dalla borgata di Rivasecca. Il nome ci ricorda un luogo privo d’acqua. Quando l’acqua del Piave lascia l’antico alveo montebellunese e aggira il Montello risparmia questa zona; da qui il nome. In questa località troviamo la chiesetta di S. Nicolò, richiamo alla più nobile omonima di Belluno, dove nel giugno del 1492 si costituiva la confraternita degli Zattieri, ufficializzando la professione dei conduttori dl legname, e non solo, verso Venezia. L’antico e ormai decrepito maglio presuppone un approdo per riparazioni veloci alle zattere scese dalle tumultuose rapide dell’alto Piave.

La chiesa di San Nicolò a Rivasecca – Ph. Tiziano Biasi©
Antico maglio di Rivasecca – Ph. Tiziano Biasi©

Borgo Belvedere e Zoppalon

Poco più avanti vi è il Borgo Belvedere, dal quale si comincia a dominare l’ampia radura delle Grave dove lo sguardo si rasserena. Continua il viaggio e ci troviamo in un luogo sopraelevato denominato Zoppalon, terrapieno sul Piave. Qui si fa strada la teoria secondo la quale l’antica via romana Claudia Augusta Altinate avesse un suo percorso sulla destra Piave, nel tratto Nervesa-Feltre.

Casa al Zoppalon – Ph. Franco Chiumento©
Case al Belvedere – Ph.Franco Chiumento©

Borgo Botteselle

Proseguiamo in direzione sud e ci appare il Borgo Botteselle, nome che gli deriva dagli antichi e attuali abitanti del luogo. Si intravedono tracce di un’antica signorilità in un vetusto edificio, già sede di un convento e nel sottoportico di accesso al borgo stesso.

Borgo Botteselle – Ph. Tiziano Biasi©
La fontana di Borgo Botteselle – Ph. Tiziano Biasi©

Dagli appunti di Danilo Carraro, risalenti agli anni ’70, si rileva che in una delle sue abitazioni, non meglio identificata, sarebbe conservato un frammento di bassorilievo con l’effigie di una quercia. Il rimando potrebbe essere al bosco Montello; in realtà si tratta dello stemma gentilizio dei Della Rovere. L’estensore di questa notizia racconta che la pietra proviene da una abitazione di Santa Mama, in dotazione a Zanetto d’Udine, (Giovanni Dacre nato a Udine nel 1416 ca), nominato Vescovo di Treviso nel 1478, forte dell’amicizia con Francesco Della Rovere, futuro Papa Sisto IV.

Stemma dei Della Rovere al Borgo Botteselle – Ph. Tiziano Biasi©

Il Borgo dei Gildi, poco lontano, si rifà al nome di Ermenegildo, abitante di sicura fama, riscontrato in più generazioni.

Borgo Gildi – Ph. Tiziano Biasi©

Borgo S. Urbano

Degno di maggior attenzione l’adiacente Borgo S. Urbano. Origina il suo nome dal capitello dedicato al Papa Urbano I (222-235 d. C.) protettore delle vigne. Nella facciata nord di una casa si trova un affresco con leone alato e libro aperto (simbolo di Venezia in pace) in atto di difesa al Monticello (Montello) che ricorda i Collalto, antichi proprietari del bosco e tre delfini, stemma della famiglia Dolfin. Un funzionario di questa famiglia veneziana era addetto al controllo del bosco e dell’attracco delle zattere. L’abitazione risale al periodo in cui Venezia consolidava il suo potere sul territorio, essendosi il Trevigiano consegnatosi alla sua giurisdizione.

Stemma della famiglia Dolfin su casa a Sant’Urbano – Ph. Tiziano Biasi©
Borgo Sant’Urbano – Ph. Tiziano Biasi©

Borgo Santa Margherita

Stiamo avvicinandoci al Borgo Santa Margherita, anticamente Prantighe (prati antichi), uno dei cinque comunelli (Condugol, Prantighe, Santa Mama, Busco e Rivasecca) ascritti al quartiere Oltre Cagnan del Comune di Treviso e che formavano la Pieve di Ciano. Ogni comunello, retto da un meriga, aveva la sua “regula” (identificazione catastale) come si rileva dalla Statuto di Treviso del 1314.

La ricchezza di questi luoghi derivava dalle coltivazioni di cereali e dai numerosi mulini che erano qui insediati.

Alcuni esempi: un mulino a Ciano era di proprietà dell’Abate di Vidor e altri dei notai Federico e Giovanni sempre da Vidor. Nel 1345 sono oltre quindici i mugnai di Condugol che vanno a Treviso a giurare sulle mani del Podestà che avrebbero osservato le norme in vigore sulla genuinità delle farine e il pagamento dei dazi.

Veduta di Borgo Santa Margherita – Ph. Matteo Moretto©

Il destino di Condugol (antico abitato di Ciano sul Piave) è purtroppo contrassegnato dalla sua rovinosa scomparsa, per effetto di una piena del Piave (1479-1480). Ci occuperemo di questo avvenimento in un prossimo futuro. In questo borgo esiste l’oratorio dedicato a Santa Margherita di Antiochia, martirizzata nel 275 d.C. avendo ella rifiutato di abbandonare la religione cristiana, alla quale era stata avviata dalla governante.

Vi sono ricordi di questa antica località già nel 1281 e della costruzione della chiesetta nel 1582.

Nel 1886 per ricordare lo scampato pericolo dall’epidemia di colera fu ricostruita ex novo (evidentemente aveva subito danni a seguito di inondazioni del Piave) ma, danneggiata ancora dalle granate della Grande Guerra, fu riaperta al culto nel maggio del 1928.

La chiesa di Santa Margherita – Ph. Tiziano Biasi©

Borgo Santa Mama

Le prime notizie storiche risalgono al 1170 quando il Conte di Collalto dette in dono la chiesetta all’Abate di Nervesa. Nel 1588 la chiesa risulta distrutta, probabilmente dalla stessa piena che travolse Condugol e il suo storico porto con passo barca viene trasferito più a nord nei pressi di Santa Margherita. La chiesa è dedicata a S. Mamerto, vescovo francese del V secolo, che aveva ripristinato le rogazioni contro le calamità naturali, in particolare contro l’assalto dei lupi.

La chiesa di Santa Mama – Ph. Franco Chiumento©

Lo dimostra anche il vicino Capitel dei Lovi, edificato verso il 1300 da un tale che, per invocazione del santo, fu salvato dagli animali inferociti. Il Santo celebrato nella chiesetta potrebbe essere pure Mamete di Cesarea di Cappadocia, giovane pastore martirizzato per la sua fede cristiana (III secolo).

Gioverà ricordare che, al lato sinistro del capitello, esisteva un miliario, testimonianza della già citata strada romana Claudia Augusta.

Il cippo è scomparso da epoca immemorabile e non sapremmo della sua esistenza e neppure della sua indecifrabile iscrizione se il buon prete di campagna (Don Bortolato) non ci avesse informati, a dir il vero in maniera subdola:


Fur ancor qui codeste lettre incise
Hic S. P. Q. T. C., e queste poi
T. R. A. V. C. G. pur da noi
Son ben intese, benché mal divise.


Lui lo sapeva bene, per noi e per i posteri rimarrà un mistero. Vi erano pure scolpiti un leone alato e un’aquila bicipite, che oggi interpretiamo, non senza qualche dubbio, come Venezia e Austria. Per tre passi di terreno attorno al capitello i banditi avevano zona franca dagli arresti, ma solo per tre giorni e quindi avevi salva la vita se le guardie perdevano la pazienza e se ne andavano.

Il Capitel dei Lovi – Ph. Matteo Moretto©

Oltre a queste fantastiche supposizioni, qui ci troviamo in un luogo avvolto in misteriose leggende che richiamano riti pagani. Alle pendici del Montello viveva in tempi antichi una donna di nobile e ricca famiglia, figlia di Mammas. Era considerata una divinità. Per passione e divertimento praticava la caccia nel bosco di querce, all’interno del quale era situata la residenza di famiglia. Quando morì il padre, fece erigere un altare e, ogni giorno, compiva cerimonie sacrificali in suo onore, invocando grazie per gli uomini e gli animali.

Col passare degli anni questo luogo fu chiamato Santo Mamma, ricordando più il padre che la pia donna; divenne poi Santa Mama per assonanza al nome femminile. Mai potremo capire come da queste parti fosse giunta Ciane, una delle Naiadi di Siracusa, trasformata in fonte, quella stessa fonte che sgorga dalla grotta del Buoro. Resta il fatto che alla grotta del Buoro, ricca di acque, fino a pochi decenni orsono, accorrevano a dissetarsi puerpere e nutrici per ottenere latte abbondante.

Il Buoro di Ciano – Ph. Guido Andolfato©

Per restare nella leggenda il paese di Ciano si rifarebbe al greco Kyanòs, il colore azzurro-verde delle acque del Piave, nelle sue giornate migliori. A poco importa che Ciano possa considerarsi toponimo di ciglio, paese che sorge sulla sponda del fiume.

Questi sono i borghi delle Grave di Ciano. Oltre alla suggestione che generano al visitatore, dobbiamo constatare che la loro origine, narrata con dovizia di particolari nel poema ”Delle Antiche Rovine di Ciano” sono di grande interesse storico per la lenta e sicura sovrapposizione di civiltà.

Tiziano Biasi

Foto di copertina di Ph. Michele Zavarise ©

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