Di qua e di là del Piave – barche, osterie e contese

Il riferimento alla nota canzone “Di qua e di là del Piave” è esplicito e il nostro pensiero è rivolto ai militari della Grande Guerra, ai loro canti volti ad esorcizzare la paura, a sciogliere i nodi di pianto a lungo trattenuti, ma questa canzone in particolare parla d’amore e mi piace immaginare che sia più antica e si possa far risalire all’epoca dei traghettatori (passadori) del Piave e dei loro avventori che, sostavano tra una sponda e l’altra (di qua e di là) del Piave in attesa della barca.

È un buon pretesto per parlare della storia antica dei passi del Piave. La necessità di spostarsi da una riva all’altra è antica quanto la presenza dell’uomo lungo il fiume. I traghetti nel tratto del Piave a noi vicino sembra fossero 14 e il primo di questi era quello di Quero che collegava Vas sul lato opposto. Le due sponde erano – e sono – così vicine che era possibile stendere una catena per interrompere la fluitazione delle zattere quando qualcuno tentava di sorpassare la dogana senza corrispondere il dazio. Il sito era difeso dal fortilizio di Castelnuovo, ultimo avamposto della Serenissima affidato ad un nobile veneziano. Fu baluardo di difesa contro gli eserciti della Lega di Cambrai ma il difensore Girolamo Miani dovette soccombere nel 1511 all’armata del generale La Palice.

Castelnuovo di Quero. Disegno del 1840 che mostra la classica barca del Piave a poppa tronca. Sul fiume fluita anche una zattera.
Barca di Quero in una foto del 1920 ca.

Altro guado di quelle acque era situato tra Fener e Segusino ma il più importante era quello della stretta di Vidor quasi in pianura, dove la corrente dell’acqua confluiva in un unico ramo di poche decine di metri tra il promontorio dell’Abbazia di Santa Bona e le terrazze di conglomerati di Covolo, località ancor oggi chiamata “Barche”. Il passo collegava la zona di Valdobbiadene con quella di Montebelluna, già sede di un importante mercato settimanale.

Abbazia di Vidor. Particolare di mappa databile 1483. Prima raffigurazione conosciuta della barca sul Piave. (AST S. Bona, busta 3). La dicitura “barca” è stata evidenziata.

Le prime notizie di questa attività risalgono alla fondazione dell’Abbazia di Santa Bona, la cui storia si collega alla prima crociata. Di ritorno dall’impresa militare Giovanni Gravone Da Vidor aveva portato con sé le reliquie della vergine egiziana Santa Bona e le aveva riposte all’interno della cappella di famiglia. Nell’agosto del 1106, lo stesso Giovanni, assieme ad altri nobili di Vidor, dona la cappella, trenta mansi (poderi), il monte Zimione e i diritti di transito del Piave all’Abate di Pomposa, ottenendo in cambio la fondazione di un monastero benedettino.

Il guado sul Piave era attivo da molto tempo prima. Si ha notizia che nel 900 gli Ungari, dopo aver messo a ferro e fuoco il Quartier del Piave, passano il fiume a Vidor diretti a Bassano. Nella dotazione del monastero di Vidor vi è anche il porto in quella che risulta essere una postazione strategica di rilievo e altrettanto importante fonte di reddito per l’Abate. Questi affida a uomini di Vidor e Covolo la gestione sia del porto che della barca per il guado con un’ampia concessione in perpetuo per loro e i famigliari. Questa investitura relega l’Abate a titolare formale dei beni. Il corrispettivo di L. 12 all’anno sembra essere simbolico. Non esiste l’imposizione di tariffe per il passaggio ma c’è ragione di ritenere che si applicassero quelle pubbliche contemplate dallo Statuto di Treviso del 1231: 2 denari per un uomo a piedi e 6 denari per un uomo a cavallo che venivano raddoppiate per la gente che arrivava da fuori del territorio di Treviso. Vi sono esoneri per gli abitanti di Vidor e per tutti i notabili civili e religiosi.

Alcune raffigurazioni riguardanti l’Abbazia di Vidor.
1 – Barche a Vidor (AST S. Bona, busta 3, databile 1664) 2 – Passo di Vidor (ASV P. Boschi, Catastico Trevisana 1669) 3 – Porto dell’Abbazia (AST S. Bona, busta 2 catastico 1704-5) 4 – Lapide che ricorda le spoglie di S. Bona presso l’Abbazia anno 1592 (Ph Tiziano Biasi ©).

Col passare del tempo gli investiti di questa concessione si ribellano all’autorità dell’Abate di Vidor, rifiutandosi di prestare i servizi a lui dovuti fino a negare la propria qualità di servi. È una protesta che la dice lunga sull’autorità dell’Abate, che deve ricorrere al Podestà di Treviso per ottenere salvi i suoi diritti e il reintegro dei suoi beni mobili e immobili ed in particolare del porto e della barca. Ma i debiti del monastero crescono anche per effetto delle spese di giudizio e le concessioni per la barca diventano veri e propri contratti d’affitto più onerosi e soprattutto limitati nel tempo.

Non sono più i servi dell’Abate a gestire il traghetto ma uomini della nascente borghesia che garantiscono di avere a disposizione navigatori buoni e sufficienti. Nell’ottobre del 1339 due barcaioli di Covolo, discendenti degli antichi titolari di fitto perpetuo si impadroniscono della barca reclamando il loro legittimo diritto. Intervengono le milizie del podestà di Treviso a mettere fine alla vicenda e reintegrare l’affittuario nel possesso della barca. Sono episodi che si ripetono nel tempo e che l’Abate Rainerio nel 1371 dovrà riconoscere come pretese legittime ripristinando le condizioni stabilite in origine. Sono sei uomini di Covolo a beneficiarne e nel 1377 sarà stabilito il nuovo tariffario della barca alla presenza del podestà di Treviso e dell’Abate stesso.

 utentetariffa con Piave piccolatariffa con Piave grossa
Trevigiani a piediDenari 6Soldi 1
Trevigiani a cavalloSoldi 1Soldi 2
forestieritariffa doppiatariffa doppia
Carro caricoSoldi 2Soldi 4
Carro di vinoSoldi 5Soldi 5
Animali grossiSoldi 1Soldi 2
100 animali piccoliSoldi 8Soldi 8
Tariffe per il passo di Vidor del 1377

A ragguaglio sulle tariffe dell’epoca diciamo che 1 lira era equivalente a 20 soldi e 1 soldo erano 12 denari. È difficile risalire oggi al potere d’acquisto di queste monete ma, da ricerche correlate, si rileva che con una Lira al giorno si poteva campare e un bue costava circa 36 Lire. Sono dati riferiti al XV secolo.

Con l’avvento dei Carraresi a Treviso (1381-1388) i barcaioli di Vidor perdono i privilegi sulla barca per breve periodo e all’inizio del Quattrocento si assiste a vendite frazionate del diritto sulla barca a uomini che qualche tempo dopo vi rinunciano in favore dell’Abate che nel 1454 riprende il completo controllo del passo stipulando con un uomo di Covolo un contratto che nulla ha a che vedere con gli antichi privilegi. La durata del contratto è di tre anni ed il corrispettivo annuo è di L. 146. Successivamente i contratti vengono stipulati con uomini nuovi, tanto che nel 1481 Angelo Fasolo, vescovo di Feltre e Abate di Santa Bona affida la barca a un uomo di Fontigo e uno di Santa Mama. Il flusso di gente è cospicuo e c’è anche chi ha bisogno di pernottare; nel 1490 un Trevigiano apre un’osteria nei pressi di Covolo e la dà in gestione ad Antonio Zornita (di qua e di là del Piave). Nel 1489 l’Abbazia di Santa Bona è svincolata da quella di Pomposa e aggregata al monastero di S. Antonio di Venezia, entrando quindi nella giurisdizione della Serenissima.

All’inizio del secolo XV gli abitanti di Bigolino stanchi del servizio offerto dal passo barca tra S. Vito di Valdobbiadene e Fener, chiedono a loro volta il permesso al Podestà di Treviso di tenere una barca propria. La vicinanza con quella di Vidor accende ben presto i conflitti con i vicini che dovranno essere sanati dall’autorità trevigiana. Sarà l’Abate di Vidor ad avere la meglio con l’impegno però di gestire due barche e concedere il passaggio del fiume gratuito a quelli di Bigolino. E così la storia continua tra una contesa e l’altra.

Si capisce quale sia l’importanza del traghetto del fiume e come le popolazioni rivierasche vogliano la comodità di accesso ai passi barca.


Le richieste vengono dalle popolazioni di Moriago e Fontigo a cui si unisce Santa Mama, con numerose suppliche alla magistratura sempre ostacolate dall’Abbazia di Vidor da una parte e i conti Collalto – che gestivano i passi di Falzè e Nervesa – dall’altra, preoccupati di nuova concorrenza.

Mappa attuale del Piave con riferimento a Santa Mama, luogo individuato per il nuovo passo a favore dei comuni della sponda sinistra del fiume.
Barca sul passo di Falzè – foto archivio Giuseppe Piccolo.

Quando poi alle citate comunità roganti si uniscono quelle di Colbertaldo, Col San Martino, Mosnigo e Farra il Provveditore ai Boschi Marco Venier, dopo aver consultato i tecnici di Giavera e la popolazione rivierasca, si convince che bisognava aprire un traghetto in località S. Mama. Il progetto fu presentato al Consiglio dei Dieci il 13 gennaio 1593 e la sua gestione doveva essere affidata a persone capaci che avrebbero garantito un buon servizio. Con l’occasione viene soppresso il passo di Falzè nonostante le proteste dei Collalto. Era noto che da quel luogo transitavano di contrabbando parecchi rovi del Montello – pratica considerata vera peste del Bosco – secondo la Serenissima.

Doveva essere una vera innovazione poiché sul posto si sarebbero costruiti un ristorante (osteria), un punto vendita di mercanzie sgravate da ogni tassa e una stazione coperta per i viaggiatori. In pratica il nobile Venier stava realizzando con qualche secolo di anticipo un moderno duty free shop… Il complesso commerciale avrebbe facilitato le persone più povere delle zone di Ciano e Covolo mettendo loro a disposizione uno spaccio calmierato che avrebbe attratto i rivieraschi, controllandone i movimenti.

Il traghetto avrebbe evitato tanti incidenti e morti tra le onde del Piave di gente che si azzardava a passare da una sponda all’altra, con mezzi di fortuna, eludendo la sorveglianza. Ma anche le barche autorizzate potevano trovarsi in difficoltà nell’attraversamento del Piave.

Si ha notizia che il I maggio del 1697 la grossa barca al ritorno dal mercato di Montebelluna naufragò causando la morte di 60 persone e la perdita di animali e biade. Seguì un lungo processo per accertare le responsabilità.
Il 21 febbraio 1593 il Consiglio dei Dieci approvò la realizzazione del nuovo traghetto aggiungendo a S. Mama anche il porto fluviale volendo alleggerire quello di Nervesa, ma lo scopo era quello di sottrarre introiti sia all’Abate di Vidor che ai Collalto. Questa nuova apertura segnò l’inizio delle tensioni.

I passadori di Vidor e di Bigolino, dopo essersi costituiti in cooperativa, ebbero in dono lo jus navigandi del Piave da parte dell’Abate e cominciarono a invadere gli spazi assegnati ai nuovi barcaioli di Santa Mama che si rivolsero subito al Capitanio e ai Provveditori del Bosco per ottenere giustizia e il primo risultato fu che il Consiglio dei Dieci comminò a quelli di Vidor un’ammenda di 200 ducati nel 1611. Per poter far fronte all’ingente sanzione e per poter continuare il servizio gli uomini di Vidor si indebitarono e ipotecarono i loro beni mentre l’Abbazia, astutamente, seppe sottrarsi ad ogni impegno.

Le notizie relative alla struttura amministrativa del passo di Santa Mama si rilevano da un antico documento che contempla l’appalto per un periodo di quattro anni per tutta l’attività connessa con il traghetto. Era il 1633 e gli uomini che si aggiudicarono la gara erano Bartolomeo del fu Zuane da Santa Mama, Cristoforo Franco, Zuan Maria, Zuane Bressan, Zuane Menegotto e Giacomo Menegazzo, tutti di Moriago. La loro offerta vincente fu di 24 ducati all’anno oltre a 26 ducati e spicci per i diritti sull’osteria e la beccaria. La garanzia fidejussoria per loro fu offerta da un tale di Treviso e uno di Moriago, gente assai nota sul mercato. Tutti insieme vincolarono i loro beni a favore della Serenissima che faceva affidamento su questa attività funzionale pure allo sbocco del legname del Bosco Montello. Le tariffe dell’epoca furono stabilite dal podestà di Treviso con un regolamento che vietava di  “… usar extorsioni, agravio o magnarìa”.

Per una persona a péSoldi 2
Per un carro caricoSoldi 12
Per una persona a cavalloSoldi 4
Per un carro vuoto condotto da un cavalloSoldi 6
Per una carrozza condotta da  2 cavalliSoldi 8
Per una carrozza condotta da 3 cavalliSoldi 10
Per una carrozza condotta da 4 cavalliSoldi 12
Per ogni animale da somaSoldi 2
Tariffe passo barca di Santa Mama del 1693

La posizione della barca di Vidor che inizialmente stava a monte della stretta del fiume si era progressivamente spostata a valle dell’Abbazia ma nel 1482 per la già menzionata questione con Bigolino, una barca doveva essere ripristinata nel luogo più vicino a quella comunità.
Quando fu aperto il porto di Santa Mama iniziò una vera lotta tra l’Abate di Vidor e i Provveditori del Bosco Montello, veri difensori del nuovo passo. Gli scontri erano all’ordine del giorno. Quelli di Vidor si spostavano verso sud nondimeno quelli di Santa Mama si spostavano verso nord entrando, si fa per dire, in rotta di collisione con i primi. Le ragioni di questi sconfinamenti erano collegate alle mutevoli condizioni del Piave e alle sue frequenti piene ed esondazioni. Ognuno cercava il punto più facile per l’attraversamento del fiume che, come sappiamo, di anno in anno si andava ramificando.

Le continue scaramucce tra barcaioli non giovavano a nessuno e i Provveditori del bosco avendo avuto le prove che gli sconfinamenti più frequenti si dovevano attribuire alle barche di Vidor ottengono dalla Serenissima un decreto (21 maggio 1664) che intima la chiusura del passo di Vidor. Si può immaginare l’opposizione dei barcaioli di Vidor, che delegano l’Abate a rappresentarli nell’incontro sollecitato dall’avvocato fiscale dei Provveditori. Ma l’abate fa orecchie da mercante e rifiuta di incontrare i rappresentanti della Serenissima sostenendo che lo jus navigandi riservato all’Abbazia è sancito da antichi documenti. Non resta altra via che andare a processo.

L’Abate Giovan Battista Pateani, forte della protezione di Roma, pensa di poter sfidare Venezia, ma la Serenissima aveva già dimostrato di non tollerare l’ingerenza ecclesiastica negli affari di Stato e il Bosco Montello era uno di questi. Si passò all’escussione dei testimoni. Il luogo scelto per le interrogazioni fu la casa del signor Ademari “ora tenuta dal alcuni fiamenghi” a Rivasecca. In data 30 maggio i Provveditori redigono un primo rapporto dal quale emergono i continui sconfinamenti della barca di Vidor ma non solo.

Durante le ispezioni si scopre che l’Abate aveva aperto uno spaccio abusivo al di sotto dell’Abbazia, un vero e proprio attentato al passo di Santa Mama. Risultò che vi si commerciavano beni di contrabbando e di produzione dell’Abbazia stessa utilizzando un’altra barchetta posta nelle vicinanze del monastero. La relazione arrivò sul tavolo del Consiglio dei Dieci che sentenziò la rimozione della barchetta, la demolizione dell’osteria con annesso spaccio; il rientro della barca nella sua originale posizione e la riattivazione del servizio dopo il pagamento di un’ammenda di cui non si conosce l’ammontare. Ci fu pure ammonizione a non ripetere questi comportamenti affidando al Capitanio del Bosco l’incarico di sorvegliare e comunicare eventuali trasgressioni.

Disegno del perito Pietro Tessari (1729): il Piave a Nervesa con il passo barca per Colfosco. La mano indica la località Scaranzina sede di un’antica osteria distrutta dalle piene del fiume presso la quale usava attraccare la barca del passo. Anche sul fronte opposto a Colfosco c’è un’osteria.
Ultima immagine della barca di Nervesa. (Inizi Novecento)
Poteva durare questo stato di cose?

Dopo trentacinque anni, la situazione era precipitata al punto di partenza. L’Abbazia aveva riaperto uno spaccio-osteria spostando l’imbarcadero più a sud al fine di riconquistare il maggior numero di avventori. A complicare le cose era arrivata la “brentana di S. Martino” del 1698 che aveva spazzato il porto di Santa Mama, costringendo i barcaioli a spostarsi più a nord. Il copione si ripete: nuovo conflitto, sopralluoghi dei funzionari del bosco ed escussione dei testimoni. Questa volta i Provveditori si ritrovano a Ciano. I nomi delle persone interrogate ci riportano ai cognomi tuttora presenti in zona: Pietro Zaniol, Zuanne Boteselle, Zuan Moretto, Bortolo De Bortoli. Viene anche interrogato Michiel Covolan di Covolo, stabilito a Ciano da 28 anni, già concessionario del Passo di Santa Mama, la cui testimonianza fu decisiva per far emergere come quelli di Vidor spaziassero fuori dal territorio loro assegnato, minacciando di spostarsi ancor di più, tanto avevano la protezione dell’Abate.

A conclusione della vertenza si ripete l’intimazione ai passadori di Vidor di traghettare entro i propri confini nonché l’abbattimento dell’osteria dell’Abate. Anche quelli di Ciano dovevano però restare al loro posto. La tregua dura ancora trent’anni e, quando il conflitto si fa più acceso, la Serenissima, oltre alle solite ingiunzioni, colpisce pesantemente l’Abbazia nei suoi primari interessi con nuove imposte che ne decreteranno progressivamente il declino fino al punto di essere confiscata. Venezia, indebitata fortemente per le continue guerre con l’Oriente, arriva a mettere all’asta il complesso abbaziale di Vidor. È il nobile veneziano Nicolò Erizzo ad aggiudicarsela l’11 giugno del 1774.

Poi la storia è nota. Cade la Serenissima, arrivano i Francesi, poi gli Austriaci e infine… gli Italiani.

Il servizio del passo barca di Vidor continuò fino al 1871 quando fu inaugurato il ponte di legno. Venne mantenuto il pedaggio per il suo attraversamento per vent’anni.


Il Piave con la sua forza alluvionale riuscì a distruggere il ponte di legno e così si dovette ritornare alla barca finché non fu realizzato il ponte in pietra (1911). Dopo la rotta di Caporetto gli Austriaci arrivarono alle sponde del Piave e per poterli fermare (novembre 1917) il comando italiano fece saltare gli ultimi piloni sulla sponda destra per cui, ancora una volta, riprese servizio la barca.

Un po’ di storia per immagini.
1 – Le tariffe per i passi barca decretate dai Francesi nel 1807. 2 – Avviso per l’inaugurazione del Ponte di Legno del 1871. 3 – Disegno del Ponte di legno a Vidor del 1876. 4 – Foto Ferretto del 1872 (BCT, Miscellanea). 5 – La passerella di barche a Vidor nel 1917 (dal sito www.iwm.org.uk). 6 – Militari italiani in attesa di passare a Vidor – sullo sfondo l’Abbazia di S. Bona – ( dal sito www.iwm.org.uk). 7 – Il ponte di Vidor in pietra ristabilito dopo la Grande Guerra negli anni venti del Novecento.

Venuto meno l’interesse per il bosco Montello con la dominazione austriaca anche il centro di Santa Mama si ridusse ad una piccola borgata e sopravvisse il solo traghetto gestito da una famiglia di barcaioli.

Si narra che, nella prima metà del Novecento, per le osterie del Montello e attorno al Piave, si potesse ascoltare la fantastica storia degli ultimi passadori.  Barba Nane si era accorto che ogni notte la sua barca spariva dal passo di Santa Mama ma al mattino la ritrovava nel punto dove l’aveva lasciata. Il figlio più scaltro pensò di nascondersi nella barca sottocoperta per verificare che cosa accadeva. Quando la barca cominciò a muoversi, sbirciò da un foro e vide tre donne vestite di nero che vogavano a più non posso. Pensando che fossero delle streghe si fece il segno della croce e se ne stette zitto finché la barca si fermò e le tre donne scesero, allontanandosi nelle Grave. Scese anche lui e si accorse che al chiaro di luna i sassi del Piave luccicavano. Ne prese una manciata e si rifugiò di nuovo sotto poppa. Ritornarono le streghe e ripresero a remare con tutta forza per approdare al mattino lì da dove erano partite, poi si dileguarono per il bosco. Barba Nane quando vide le pietre raccolte dal figlio pensò di venderle ad un ebreo di Asolo. Questi confermando che si trattava di veri diamanti dichiarò di non avere denaro sufficiente per acquistarle e indirizzò i barcaioli a Venezia. Qui poterono vendere i diamanti e tornarsene con un sacco di zecchini e una sporta di ducati. Poi comprarono casa e campagne sparendo per sempre da Santa Mama. Finiva così l’attività degli ultimi barcaroli del Piave.

1 – Nella lunga storia del Piave non possiamo dimenticare gli zattieri, fornitori di merci e di legname per la Serenissima. 2 – Una bella immagine di gente vestita a festa sulla barca del Piave. 3 – La filastrocca del Sior da Vidor. Fra le righe affiorano i sentimenti di una lunga competizione tra barcaioli di Vidor e Ciano (“quel da Zian l’é un poro can“).

La barca del Piave per un giorno di festa

Alla fine di questo racconto vorrei chiamarvi sulla sponda del Piave sulle Grave di Ciano ad osservare quel fantastico paesaggio che si è formato nel corso dei millenni ed invitarvi ad una riflessione.

Perché dobbiamo cancellare un tratto di questa bellezza con delle costruzioni di cemento nel tentativo di imbrigliare questo fiume?

La natura, già dichiarata protetta nei luoghi dei nostri barcaioli, va preservata – è noto che esistono efficaci soluzioni alternative sperimentate in altri siti. Se potessimo far rivivere gli antichi passadori, lasciata da parte ogni antica contesa, sarebbero loro a invocare “Siòr da Vidor“, il motto che è rimasto esclamazione di fronte ai momenti difficili, un po’ come quello che stiamo vivendo.
La minaccia distruttiva del sito delle Grave di Ciano val bene questa supplica.

Tiziano Biasi

Foto di copertina e finale
tratte dal documentario “I colori di Piave” a cura di Nic Pinton

Bibliografia e immagini ove non diversamente indicato:

Giovanni Caniato (a cura di). La via del Fiume – dalle Dolomiti a Venezia
Cierre Edizioni 1993

Gabriele Rossi Osmida. Vivere il Montello
Edizioni della Galleria 1984

Giancarlo Follador (a cura di). Covolo di Piave
Parrocchia di Covolo 1993

Emilio Spagnolo. Abbazia S. Bona di Vidor
Bertoncello Artigrafiche 1980

Danilo Gasparini (a cura di). Due villaggi della Collina Trevigiana
Vidor e Colbertaldo
– L’età moderna Sec. XV-XVIII – Tomo I
Comune di Vidor 1989 

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